Il franchising o "affiliazione commerciale" è un sistema di collaborazione stretta e continuativa tra imprenditori economicamente e giuridicamente indipendenti.
Mediante il contratto di franchising, il franchisor (o affiliante) - dietro pagamento di diritti di ingresso ("entrance fee") e di royalties - concede al franchisee (o affiliato) il diritto di commercializzare i propri prodotti o servizi, utilizzando il marchio/insegna del franchisor.
Il franchisor, inoltre, si impegna a trasmettere al franchisee il proprio "know how" (la formula imprenditoriale, originale, segreta e sperimentata) ed assistenza continuativa, per consentirgli di replicare il proprio successo.
Il franchising è una formula contrattuale collaudata in tutto il Mondo ed ha origini molto lontane: la configurazione valida ancora ai giorni nostri risale al 1929!
Per tutto ciò, un programma di affiliazione che voglia aggregare validi operatori, non si può improvvisare con una formula ibrida presa a prestito da una tecnica ben precisa (il franchising) che vanta innumerevoli casi di successo.
Gli aspetti deontologico e normativo sono stati definiti (per il franchising) anche in ambito europeo e, dal Maggio del 2004 in Italia, sono regolati da un contratto tipico; per questo hanno una loro forza esecutiva: cosa di cui una formula ibrida non può beneficiare.
Alla base di qualsiasi programma di franchising ortodosso ci deve essere "know how".
Tale "know how" deve essere sufficientemente sperimentato e codificato, per poter essere trasferito all'affiliato (contro pagamento di una "fee" d'ingresso), accelerandone l'avviamento. In altri termini, mediante il "know how" del franchisor, l'affiliato deve poter evitare (o, quantomeno, ridurre significativamente) i rischi ed i costi dell'inesperienza.
Il secondo elemento fondamentale del franchising è l'assistenza continuativa.
Il successo del franchisee è la condizione per il successo del franchisor.
Pertanto, quest'ultimo deve predisporre tutti i servizi di formazione, addestramento e di supporto che possano contribuire alla produttività dei singoli affiliati.
Per garantire il miglior successo di una catena di franchising, bisogna considerare che un bene immateriale, qual è il "know how", per essere vendibile, deve essere supportato da un'immagine positiva, diffusa e, possibilmente, consolidata (o in via di consolidamento, attraverso attività pianificate, dimostrabili tangibilmente).
Il "know how" necessita di essere testato abbastanza a lungo, perché è solo con l'esperienza che il franchisor può mettere a punto il proprio "sistema", prima di reclutare affiliati.
Le unità pilota, attraverso le quali il franchisor sperimenta e mette a punto il sistema originale, al fine di creare le migliori condizioni per lo sviluppo di tutte le unità franchisee della "catena", devono supportare la credibilità della "formula" del franchisor.
La "partnership" che viene ad instaurarsi sottoscrivendo il contratto di franchising, persegue il fine di profitto per ambedue le parti (franchisor e franchisee).
La remunerazione del franchisor deve essere direttamente proporzionale al "know how" realmente trasferito al franchisee ed al suo giro d'affari, a regime.
La remunerazione del franchisee deve essere equa, garantire il recupero degli investimenti iniziali e creare le condizioni perché l'affiliato abbia convenienza, anche nel medio-lungo periodo, a rimanere all'interno della catena.
Il programma di franchising deve contenere specifici caratteri di originalità e di efficacia.
Vale a dire che il franchisor deve trasferire al franchisee, attraverso la formazione/addestramento (di aula e sul campo) insieme alla manualistica, tutte le abilità necessarie a riprodurre il proprio successo, sperimentato sia nello sviluppo della propria impresa, sia nella fase "pilota", propedeutica allo sviluppo della catena.
il franchisee offre un servizio sotto insegna, ditta, marchio del franchisor, conformandosi alle direttive ed alle procedure operative dell'affiliante;
il franchisee fabbrica lui stesso, seguendo le indicazioni (tecnologie, formulazioni, ecc.) del franchisor, prodotti che poi vende sotto il marchio di questo ultimo;
il franchisee si limita a vendere certi prodotti, in punti di vendita che recano insegna e immagine del franchisor.
è la forma contrattuale adottata per l'espansione di una catena all'estero.
Il franchisor concede al "master franchisee" (o sub-franchisor) il diritto di sfruttare il know how ed i marchi di proprietà del franchisor, per sviluppare il sistema in un determinato territorio, sia gestendo direttamente punti vendita, sia avviando contratti locali di affiliazione.
Il termine anglosassone (letteralmente tradotto in "sapere come") si aggiunge a termini della lingua italiana quali competenza, conoscenza, cognizioni, capacità, abilità, sapere professionale, esperienza ed altri simili.
Il termine "know how", più efficacemente, può essere tradotto come "saper fare" o come "sapere pratico" in cui si sostanzia il modo originale di fare business, sperimentato e messo a punto dall'affiliante.
Pertanto, il "know how" alla base del franchising dovrebbe avere importanti contenuti, di varia natura:
La coscienza di che cosa è realmente il know how è molto importante, sia per il franchisor, sia per il franchisee, perché altrimenti diventa difficile mettere a punto un formula tanto valida da convincere:
La tecnica del franchising è tutt'altro che semplice e impone specifici passaggi e verifiche che chiedono tempo.
Basti pensare all'esigenza (per l'affiliante) di sperimentare la "formula" di franchising, per un tempo logico, mediante almeno una "unità pilota".
Questo, indipendentemente dai risultati ottenuti dal potenziale affiliante, gestendo la propria impresa.
Tentare di aggirare l'ostacolo è molto rischioso. Infatti, per esperienza, le catene nate "in fretta" sono quelle con il più alto tasso di mortalità tra gli affiliati e con la più elevata conflittualità tra franchisor e franchisee.
Al contrario, l'avvio di un progetto di franchising di ampio respiro richiede che siano rispettate precise fasi di studio e di sperimentazione.
L'obiettivo deve essere quello di individuare e prerisolvere tutte le possibili problematiche che potrebbero presentarsi successivamente, in fase di realizzazione, non solo dal punto di vista del franchisor, ma anche e soprattutto da quello del franchisee.
Solo in questo modo, infatti, è possibile pianificare realisticamente il durevole sviluppo della catena di franchising e di ciascuno dei suoi membri.
L'esperienza insegna quanto un certo tipo di franchising poco ortodosso consenta di crescere molto rapidamente.
Prova ne è il fatto che, in passato, numerose catene hanno raccolto decine di adesioni nel giro di breve tempo e sono arrivate a contare anche un centinaio di affiliati nell'arco di un paio d'anni (un'apertura ogni due settimane).
Per realizzare tali risultati, è sufficiente un programma basato su un prodotto "giusto", comunicato senza scrupoli e che, magari, non preveda il pagamento di una "fee" d'ingresso...
In giro, ci sono moltissime persone (illuse) alla ricerca di un'attività commerciale da avviare, apparentemente senza fatica e che prometta redditività elevata.
Purtroppo, tutte le catene che sono state impostate con obiettivi di crescita "a tutti i costi" hanno fallito.
Dopo il "boom" iniziale, esse hanno incominciato a perdere affiliati, nel giro di breve tempo, e - in ultima analisi – hanno pregiudicato completamente la loro immagine.
Al contrario, un programma serio che punti ad uno sviluppo sostenibile, deve prevedere una particolare attenzione nella selezione degli affiliati "giusti".
E ciò è ancora più importante nella fase di avviamento della catena. Infatti, i primi affiliati devono diventare la migliore referenza per i nuovi potenziali candidati alla franchise.
Dal punto di vista del potenziale franchisee, la decisione di affiliarsi ad una catena è più complessa che non quella di acquisire una quota d'una società, perché:
Tutto questo, senza tuttavia perdere il peso delle responsabilità connesse alla gestione della propria impresa (giuridicamente e gestionalmente autonoma).
Per questi motivi, la scelta di affiliarsi ad una catena deve essere attentamente valutata, a partire dal valore del know how trasferito e dalla sostenibilità economica e finanziaria della "franchise" per l'affiliato.
L'esperienza originaria dello Studio Barale, nel campo del franchising, deriva da competenze acquisite all'estero, già negli anni '60 e '70.
Negli anni '80, lo Studio collabora (come specialista) – a fianco della Arthur Andersen di Milano – alla nascita ed allo sviluppo di "Progetto Trade": società costi-tuita su input della Arthur Andersen di Boston (USA) che aveva la missione di contribuire allo sviluppo del franchising in Italia.
Successivamente, lo Studio Barale ha continuato a svolgere autonomamente l'attività di consulenza di franchising, contribuendo alla progettazione ed alla realizzazione di numerosi programmi di successo.
Progettare e pianificare lo sviluppo attraverso il franchising, è un'operazione complessa e delicata.
Il metodo di lavoro e l'esperienza assumono importanza fondamentale, in quanto consentono di impostare il programma di franchising in modo davvero sostenibile.
Gli Animatori del progetto che partecipano alla raccolta delle informazioni, grazie al metodo suggerito dal consulente, sono invogliati a
rivisitare tutti gli aspetti dell'iniziativa.
Attraverso tale rivisitazione, essi possono percepire immediatamente eventuali criticità e sono supportati nella ricerca delle soluzioni più appropiate.
Dal 25 Maggio 2004 il contratto di Franchising (affiliazione commerciale) ha una propria regolamentazione di contratto "tipico" anche in Italia.
Per approfondire la conoscenza della tecnica del franchising e dei relativi aspetti contrattuali, riportiamo di seguito il testo integrale della Legge 6 Maggio 2004, n° 129 "Norme per la disciplina dell'affiliazione commerciale (franchising)"
Forniamo inoltre alcuni commenti, secondo il nostro punto di vista, su alcuni aspetti della Legge.